Aggiornato il: 30 Novembre 2021
Pubblicato il: 8 Febbraio 2018
Avere la connessione Internet per noi è ormai cosa scontata, un po’ come avere l’acqua o l’elettricità. Ad essere nelle nostre stesse condizioni è il 48% della popolazione mondiale, pari a 3,4 miliardi di persone, come evidenziato in The State of Broadband 2017: Broadband Catalyzing Sustainable Development. Andiamo a vedere un po’ di dati, per poi trarre le nostre considerazioni su come il web sta cambiando la forma mentis del pianeta Terra.
Il rapporto annuale è stato pubblicato dall’International Telecommunication Union (ITU), l’agenzia delle Nazioni Unite specializzata nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Dai dati emerge che rispetto al 2016 lo scorso anno 180 milioni di persone hanno ottenuto per la prima volta l’accesso alla rete. Nei Paesi in via di sviluppo la penetrazione di Internet è cresciuta dal 39% registrato alla fine del 2016 al 41,3%. Un tasso di crescita positivo, che però non basterà a raggiungere l’obiettivo del 50% fissato dalle Nazioni Unite per il 2020.
Il report dell’ITU pone l’accento proprio sul divario nell’accesso alla rete tra i Paesi occidentali e il Sud del mondo.
L’Africa ad esempio ha un tasso di penetrazione di Internet del 21,8%, ben lontano dal 79,6% dell’Europa.
Incrementare il numero di persone connesse alla rete nei Paesi in via di sviluppo è la priorità delle Nazioni Unite. Ma anche dei colossi del digitale, da Google a Facebook. I big del web sono partiti alla conquista dei mercati emergenti, pronti a esportare le loro tecnologie nei Paesi in cui milioni di persone sono ancora disconnesse.
In India, ben 660 milioni di persone non hanno ancora accesso a Internet. I quattro ostacoli principali alla penetrazione di Internet nei Paesi in via di sviluppo sono:
Per risolvere il primo problema, conquistando così nuovi mercati, le multinazionali del digitale stanno investendo milioni di dollari all’anno in soluzioni che non mancano di creatività.
Google ad esempio ha lanciato il Project Loon. L’iniziativa, portata avanti dal 2014, punta a portare Internet nelle regioni più remote della Terra usando le mongolfiere.
Facebook sta invece investendo sui droni alimentati da energia solare per portare Internet a 4 miliardi di persone ancora senza energia elettrica. I primi test della tecnologia, ribattezzata Aquila, sono stati avviati nel 2016.
L’Agenzia delle Nazioni Unite fa però notare che non basta garantire una connessione alla popolazione dei Paesi in via di sviluppo.
Per favorire una vera inclusione nel mondo digitale occorre educare gli utenti all’uso della rete.
Solo così Internet può essere uno strumento di sviluppo tecnologico e progresso sociale.
Inoltre i sociologi invitano a tenere bene a mente che in questi Paesi le priorità sono l’accesso all’acqua, all’energia elettrica e ai servizi igienico-sanitari. Una posizione condivisa da filantropi come Bill Gates, che ha fatto notare a Mark Zuckerberg che l’Africa ha più bisogno di vaccini contro la malaria che di Internet.
Di certo l’interesse a connettere il mondo di Zuckerberg e degli altri big player del web non nasce solo dal desiderio di garantire a tutti le stesse opportunità. In gioco ci sono interessi miliardari. Basta guardare i dati sulle applicazioni e sui social media più utilizzati nel 2017. Il 2017 ha segnato un traguardo storico per WhatsApp. L’app di messaggistica a Gennaio ha registrato 1,2 miliardi di utenti giornalieri attivi.
Il 2017 è stato un anno positivo anche per Facebook. Al social network di Zuckerberg nel mese di giugno si sono connesse mediamente ogni giorno 1,32 miliardi di persone. Il 27 giugno 2017 Facebook ha superato quota 2 miliardi di iscritti, a fronte degli 1,71 miliardi registrati l’anno precedente nello stesso periodo.
Il bisogno di connettersi con gli altri e condividere pezzi di giornata, uguale a ogni latitudine, sta aumentando la domanda di reti mobile. Un dato su tutti spiega il forte legame tra i provider di contenuti e gli operatori di telefonia mobile. A marzo 2017 1,15 miliardi di utenti Facebook attivi mensilmente si sono collegati al social network esclusivamente dal cellulare.
Weixin e WeChat insieme hanno superato la soglia di 938 milioni di utenti alla fine di marzo del 2017, con una crescita del 23% rispetto al 2016.
YouTube ha varcato la soglia di un miliardo di utenti. Google non ha ancora rilasciato i dati sul 2017, ma già nel 2016 aveva superato quota 1 miliardo di account solo con il servizio di posta elettronica Gmail.
Le considerazioni da fare sono numerose. La prima, senz’altro, è relativa al fatto che la digitalizzazione del Terzo Mondo assomiglia molto più ad una colonizzazione 4.0 che ad un’opera di bene, priva di interessi economici.
Certo, non vogliamo cadere in un banale buonismo – il commercio c’è e c’è sempre stato, è la macchina che fa andare avanti il mondo intero. Ma ci chiediamo se in tutto questo realmente stiamo lavorando per dare anche degli strumenti in più a questi paesi, per migliorare la qualità della loro vita e non solo le nostre tasche. Lo scopriremo solo vivendo!
Lasciamo un attimo da parte l’idealismo e andiamo sul pratico. Leggendo i dati di cui sopra, viene spontaneo riflettere sul fatto che il nostro modo di pensare, oltre che comunicare, si sta evolvendo così velocemente che neanche ce ne accorgiamo.
Anche una parola flebile come un cinguettio (tweet, ndr) oggi può entrare nella testa di un’intera nazione. Può essere la miccia di una rivoluzione, facendosi portavoce di un pensiero comune, condiviso da tantissime persone.
Portavoce a tempo zero: è questo il vero cambiamento.
Fino a qualche anno fa i giornali erano ancora la fonte di notizie principale e una notizia errata (fake news) poteva essere smentita prima di arrivare al destinatario. Ora invece qualsiasi notizia arriva diretta al destinatario senza soluzione di continuità. Nel bene e nel male. Ed è proprio la necessità di distinguere bene e male, verità e bugia, che accelera l’evoluzione del pensiero di interi popoli.
Infine, un’ultima considerazione: il web è sempre più a portata di azienda. Se solo lo capiamo e lo sappiamo sfruttare, possiamo raggiungere delle vette che i nostri antenati nemmeno si sognavano.
Alla luce di tutto ciò, il nostro compito di professionisti di settore è quello di far capire l’enorme portata di questo canale, per fare in modo che venga cavalcato con anche solo la metà di quella grinta e quel coraggio che portano un imprenditore ad aprire la sua impresa.
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