Aggiornato il: 24 Novembre 2021
Pubblicato il: 28 Febbraio 2018
A volte le riflessioni più belle nascono da una chiacchierata nata per caso, parlando del più e del meno senza alcun intento di stampo lavorativo. Proprio come è successo a noi, quando un pomeriggio ci siamo trovati a discutere di comunicazione e stile con Matteo Paglione, tattoo artist italiano. Un confronto che ci ha fatto capire quanto i meccanismi che regolano il mercato dell’arte abbiano in comune con il mercato della comunicazione, il nostro.
La mescolanza tra discipline apparentemente molto diverse tra loro porta sempre nuovi spunti che arricchiscono il lavoro di tutti noi. Che ci fanno crescere come professionisti.
Proprio per questo abbiamo deciso di fare nostre le parole di Matteo, che in questa intervista ci spiega come dire ad un cliente che tatuarsi un ananas sulla fronte potrebbe essere davvero una pessima idea.
Ciao Matteo e grazie per essere qui con noi. Andiamo dritti al sodo: tatuatore da quanti anni? Come hai iniziato?
Tatuo da circa tre anni, ma in realtà ho cominciato ad appassionarmi a questo mondo all’età di vent’anni, per pura passione. Una passione che si è sviluppata nel tempo ed è poi diventata un lavoro, ma quasi per caso. O meglio, in modo molto molto naturale.
Come hai trovato il tuo stile nel corso del tempo?
Il mio stile è nato e maturato grazie alla passione per i vecchi tatuaggi, legati al mondo dei galeotti e marinai. È stato lui a trovare me, non il contrario. Mi affascina perché è uno stile semplice, che però racconta molto della vita di chi lo portava addosso.
Cosa significa per te “avere uno stile” nel lavoro che fai?
Avere uno stile in questo mondo è fondamentale, nel senso che rappresenta artisticamente moralmente e anche socialmente la persona che si tatua, ma soprattutto il tatuatore. Il tatuatore ragiona con i canoni dello stile che rappresenta. Ciò non significa che io che faccio tradizionale sono un tipo all’antica, semplicemente mi piace fare in modo che il tatuaggio abbia una storia ben precisa da raccontare. Questo determina, dal punto di vista dello sviluppo del lavoro stesso, la scelta di posizioni specifiche per dei soggetti legati storicamente a certi punti del corpo.
È importante spiegare alla persona che si sta tatuando il motivo per cui il tatuaggio si adatta ad una parte di corpo piuttosto che ad un’altra. Dal punto di vista stilistico e prettamente visivo, un bel tatuaggio si può definire tale se è progettato e sviluppato per il punto scelto. Se, ad esempio, dovessi tatuare una figura per la parte centrale del petto, non proporrei un viso di donna di profilo, ma frontale. Se invece si parla di pettorale, allora ci sta una figura di profilo per bilanciare in modo equo quella zona del corpo.
Fino a che punto accontenti il cliente assecondando quello che vuole, e quando invece imponi il tuo stile?
A volte si riesce con molta facilità a far capire al cliente che si sta per tatuare un’opera che si terrà tutta la vita, altre volte invece è più difficile. Per arrivare a fare in modo che il tatuaggio venga eseguito nel modo giusto è importante far percepire i limiti costruttivi di un lavoro, e quindi quello che poi visivamente può essere bello o brutto.
Il cliente si accontenta fino ad un certo punto. Non nel senso che per principio o capriccio uno non deve soddisfare una richiesta, ma si prende l’idea del cliente e si trasporta nello stile del tatuatore, trovando un punto di incontro comune. Il cliente deve capire che il tatuatore in quel momento sta cercando di fare il massimo, il meglio del meglio del suo lavoro. Se una richiesta viene declinata è perché sa già in anticipo che non funzionerebbe. Piuttosto che fare un lavoro mediocre, meglio non farlo.
Ad un artista i contatti arrivano di più tramite passaparola o anche grazie ad altri canali?
Le proposte lavorative arrivano sotto svariate forme. Di certo il passaparola è una delle più importanti, perché ogni bel lavoro eseguito può portare nuovi clienti. Chi si tatua di solito esibisce con grande orgoglio il tatuaggio appena fatto, quindi è più facile che balzi agli occhi di amici e amiche che ne vogliono uno a loro volta.
Comunicazione, marketing, social network: quanto c’entra tutto questo con il mondo dei tatuaggi e dell’arte in generale?
Beh, anche i social media portano tantissimi contatti: è importante essere presenti e sfruttare internet, dato che ci navighiamo tutti ogni giorno. Attenzione però: i mezzi di comunicazione legati a internet sono un’arma molto affilata, ed è facile farsi male perché la comunicazione è molto diretta e immediata.
Quindi è fondamentale sponsorizzarsi sui social, ma rimanendo sempre fedeli a quello che si vuol far percepire del proprio lavoro – e quindi del proprio stile ed etica lavorativa.
E pensare a quante volte anche noi discutiamo per far capire che un logo, un payoff, un’immagine coordinata sono un qualcosa che un’azienda si porta dietro per sempre. Il brand design è un po’ come il tatuaggio.
La comunicazione – il nostro lavoro! – dev’essere impeccabile, il meglio del meglio che possiamo fare in base al progetto che abbiamo per le mani. Perché, come dice Matteo, piuttosto che fare un lavoro mediocre, meglio non farlo.
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