Aggiornato il: 3 Gennaio 2024
Pubblicato il: 3 Agosto 2020
Il mondo in cui viviamo oggi è denso di messaggi pubblicitari, call to action, informazioni, contenuti.
È stato l’avvento della comunicazione digitale a permettere a tutti di fare e farsi pubblicità, con l’obiettivo di attirare nuovi clienti, di aumentare le vendite.
In quest’oceano di stimoli, c’è chi desidera raccontare una storia vera, magari facendo leva sulle emozioni, e chi, invece, costruisce una realtà altra, in parte o totalmente scollata da quella esistente, in modo tale da entrare in contatto con il maggior numero di persone possibile e convertirle.
La domanda che ci poniamo oggi è:
Crediamo che la realtà sia di gran lunga preferibile a un racconto edulcorato che ha poco a che fare con i desideri e i bisogni delle persone. Prendiamo le distanze da fronzoli e giochi di parole vuoti che, a nostro parere, tolgono immediatezza al messaggio e nebulizzano la comunicazione.
Perché per noi le parole sono importanti.
Hanno un peso che non è determinato dalla SEO, ma dal senso del contenuto uber-alles.
Riteniamo non funzionale posizionare un contenuto ricco di termini tecnici e keyword, ma che non porta con sé un messaggio vero e proprio. Troviamo questo approccio disfunzionale, e quindi dannoso sia per l’immagine aziendale che per le vendite, perché non incentiva il cliente e non offre alcun valore aggiunto.
La SEO è comparsa dopo le grandi campagne che hanno segnato la storia della pubblicità. È nata in seguito all’abbondantissima affluenza di contenuti nel web, per fare ordine e dare a questi la giusta priorità, nonché per far guadagnare quei grandi nomi che tutti conosciamo.
Si inizia a parlare di ottimizzazione per i motori di ricerca dalla metà degli anni ’90, circa.
E prima? Forse prima si dava più valore al contenuto in sé e per sé.
Pensiamo al famosissimo claim “O così. O Pomì.” di Pino Pilla, creato nel 1984.
Ripensiamo all’indimenticabile headline “La potenza è nulla senza controllo.”, firmata da Young&Rubicam per Pirelli nel 1994.
Che si parli di comunicazione offline o di qualsivoglia contenuto online, siamo convinti che la Stella del Nord sia il messaggio.
È solo in seguito che viene tutto il resto, come è naturale che sia, visto che si parla di resto, ossia di “ciò che rimane”.
Qui entra in gioco l’insight.
È la base su cui poggia la comunicazione; crea le fondamenta che reggono il concept.
Deve essere perfettamente aderente a una verità umana in relazione al prodotto; è necessario che sia specifico e condiviso.
David Abbott, dirigente pubblicitario britannico e fondatore di Abbott Mead Vickers BBDO, considerato uno dei più grandi copywriter della sua generazione, sosteneva questo:
Noi continuiamo a credere che un messaggio di realtà sia la rotta capace di condurre tutti noi verso un obiettivo condiviso, dove esistono solo “vincitori”: chi vende e chi acquista.
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